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Una riflessione sui grassi alimentari della carne
La carne negli ultimi tempi è sempre di più sotto i riflettori: il dibattito si concentra molto sul suo contenuto di grassi alimentari.
Tra chi demonizza la carne rossa ma salva quella bianca, chi mette all’indice solo i cibi processati e gli insaccati, chi soltanto i prodotti industriali, ognuno ha la propria opinione nei riguardi di questo alimento.
In questo vortice di opinioni, riportate spesso dai giornali in maniera distorta e ingigantita, il rischio di perdersi e farsi un’idea sbagliata è concreto.
Per questo motivo, forti della nostra esperienza pluridecennale nel mondo carne, abbiamo deciso di offrire un nostro contributo, sfatare qualche mito e offrire le informazioni necessarie per fare un uso consapevole di questa tipologia di alimenti.
Grassi: una parola che racchiude un mondo
Quando si parla di grassi si parla di un termine generico che racchiude al suo interno diverse varietà che è importante conoscere perché i grassi alimentari non sono tutti uguali e ognuno ha le proprie caratteristiche.
Avere bene chiare nella mente queste differenze permette di riconoscere la qualità di un alimento senza cadere nei pregiudizi.
I grassi possono essere categorizzati in due famiglie:
- I grassi saturi: sono quei grassi che a temperatura ambiente si presentano come solidi e la cui temperatura di fusione è elevata. La maggior parte di questi grassi sono di origine animale anche se sono presenti delle eccezioni nel mondo vegetale(come per esempio l’olio di cocco). Sono i più problematici tra le tipologie di grassi alimentari perché un consumo elevato di questi grassi è legato all’aumento dei valori di colesterolo LDL e la letteratura scientifica medica da molti anni ha indagato il rapporto esistente tra eccesso di consumo di grassi insaturi in una dieta e maggiore incidenza di malattie cardio-vascolari. Questo tipo di grasso va consumato con parsimonia.
- I grassi insaturi:i grassi insaturi sono quei grassi che a temperatura ambiente si presentano come liquidi, in questa famiglia si trovano alcuni grassi essenziali ossia quelli che in una dieta sana ed equilibrata non possono mancare. I grassi insaturi a loro volta si dividono in due macrogruppi: ovvero i grassi monoinsaturi e i polinsaturi (questi ultimi ricchi degli elementi essenziali quali omega-3 e omega-6). I grassi insaturi vanno consumati in una dieta equilibrata, ma anche questi con moderazione: sono comunque alimenti lipidici ed ad alto contenuto calorico, quindi il loro consumo quotidiano è incoraggiato nei limiti del raggiungimento del fabbisogno giornaliero dei macronutrienti di cui sono ricchi.
Un discorso a parte lo meritano i cosiddetti grassi idrogenati, di cui spessissimo si sente parlare.
Si tratta di grassi alimentari non presenti in natura ma che vengono ottenuti tramite appositi procedimenti industriali.
Uno dei problemi dei grassi idrogenati risiede nel fatto che durante il processo di produzione si vengono a creare anche i grassi trans che sono i grassi di peggior qualità, responsabili di un aumento del colesterolo cattivo.
Comunque, è utile ricordare che i grassi idrogenati non sono presenti nella carne fresca e, se in un prodotto processato a base di carne troviamo tra gli ingredienti i grassi idrogenati, forse vale la pena mettere in discussione la qualità del prodotto.
Grassi della carne, qualche nozione di base
Ora che sono state gettate le basi per meglio comprendere il mondo dei grassi, si può procedere a fare un’indagine più approfondita per quanto riguarda la loro presenza nella carne.
Quando si parla di grassi alimentari della carne, bisogna fare necessariamente una premessa: la percentuale di grasso presente in un taglio di carne non è mai qualcosa di fisso ma piuttosto una grandezza variabile a seconda di diversi parametri:
- Il tipo di carne (se carne rossa, bianca, nera);
- Il tipo di animale (bovino, suino, ovino, pollame, etc. etc)
- l’età dell’animale (parliamo di un vitello, di un maialino da latte, di un animale arrivato a maturità)
- Il tipo di taglio (gli animali tendono a immagazzinare grasso in quantità diverse in diverse zone del corpo)
Posto quindi che il grasso in un taglio di carne non è qualcosa di dato a priori e immutabile, si possono fare delle considerazioni su quale tipo di grassi la carne dispone.
Ad esempio nel muscolo di un animale non sono presenti soltanto grassi saturi. In media questi compongono circa il 45/48% dei grassi presenti, sottoforma di acidi grassi miristico, palmitico e stearico.
Seguono poi i grassi monoinsaturi (acido oleico) per una percentuale che va dal 35/45%.
In minima parte si rileva la presenza dei grassi polinsaturi (acido linoleico e linolenico), con una percentuale di circa il 5%.[1]
Dieta e genetica: giocano un ruolo importantissimo
Quella che è stata appena presentata è una fotografia del profilo lipidico standard della carne. Come è stato anche già precedentemente sottolineato, però, sono tante le variabili che entrano in gioco per modificare e variare queste percentuali.
Un aspetto che non può essere sottovalutato è la genetica dell’animale, che permette di identificare, selezionare e quindi poi allevare soltanto animali che presentano un profilo lipidico di migliore qualità.
Esempi da manuale possono essere identificati con facilità nella suinicultura, dove è celebre il caso dei suini neri, le razze tradizionali e autoctone della Penisola. Essi vantano percentuali maggiori di grasso, è vero, ma la qualità di questo grasso è assolutamente alta!
Questo è dovuto alla loro genetica che si è adatta ad uno stile di vita semibrado.
Noi di Baldi lo sappiamo bene, perché siamo coinvolti nella commercializzazione delle carni del Suino della Marca, un genotipo suino frutto di un virtuoso progetto finanziato dall’Europa con l’obiettivo di reintrodurre nella Regione Marche una razza di suino autoctona.
Il Suino della Marca, avendo come progenitori le razze ruspanti italiane (cinta senese per essere precisi), porta con sé questa genetica favorevole.
Ovviamente la genetica da sola non fa miracoli, ma deve andare di pari passo alla dieta.
La dieta dell’animale incide profondamente nella qualità non solo della carne ma dei grassi stessi dell’esemplare.
Un animale che viene allevato in batterie intensive e sfamato soltanto tramite pastoni di soia ovviamente non godrà della stessa salute di un animale che invece è allevato al pascolo. Quest’ultimo oltre a poter disporre di una dieta molto più varia anche a base di vegetali (che in fase di digestione permettono l’avvio di tutti quei processi biochimici che poi hanno come risultato la sedimentazione di grassi di qualità), possono anche muoversi, mantenendo così attiva la muscolatura.
Il problema non sta nel grasso ma nella qualità
Dopotutto quello che è stato affermato, è importante quindi sottolineare questo aspetto: la problematica dei grassi alimentari non risiede tanto nella loro presenza quanto piuttosto nella loro qualità e concentrazione.
Nessun alimento è veleno di per sé; ogni alimento va sempre utilizzato con moderazione all’interno di una dieta equilibrata o, nel caso di un’attività di ristorazione, in una proposta di piatti equilibrati che offrano tutti i macro nutrienti.
Non bisogna quindi farsi risucchiare dai “tormentoni” del momento e demonizzare l’alimento di turno, ma bisogna essere sempre in grado di saper valutare volta per volta.
Non è necessario quindi rinunciare alla carne ma essere in grado di saper scegliere.
Il nostro consiglio, da esperti del settore da oltre 50 anni, è quello di assicurarsi sulla provenienza della carne.
Se si presta attenzione a questi aspetti, il ristoratore avrà la certezza di offrire un prodotto di qualità sul suo menù, che si tratti di un salume oppure una tagliata o qualsiasi altra declinazione della carne.
A questo proposito, teniamo a ricordarti che l’esperienza Baldi è a disposizione di tutti i ristoratori attraverso la nostra Academy, il portale dedicato a offrire spunti di riflessione e creatività per portare il meglio della carne sulla tavola di ogni ristorante.