Dal sapore deciso e inconfondibile la carne di cinghiale è la regina delle tavole autunnali e invernali.
Del resto nella gastronomia italiana il cinghiale è storicamente presente nella cucina di diverse regioni: Toscana, Umbria, Emilia Romagna, ma anche Sardegna Piemonte e Calabria sono solo alcune delle aree che possono vantare piatti degni di nota.
Ogni zona ha le sue specialità, quel che è certo è che per evitare che la carne risulti dura e dal sapore eccessivamente forte è necessario conoscere come cuocere la carne di cinghiale.
Antenato selvatico del maiale domestico, infatti, il cinghiale vive per lo più nei sottoboschi e nelle campagne incolte.
La sua alimentazione, quindi, si basa soprattutto su radici e tuberi. Ed è proprio questo tipo di dieta che dona alla carne di cinghiale uno spiccato sentore selvatico, proprio della selvaggina, e la rende al contempo magra, poco calorica e ricca di proteine.
Polposa e gustosa, la carne di cinghiale rientra nella categoria delle “carni nere” ed è considerata pregiata e di qualità, nonostante la consistenza risulti a volte tenace.
Come cucinare dunque la carne di cinghiale in modo da evitare che l’elevato contenuto di fibre, presenti nelle fasce muscolari di un animale adulto, renda la carne troppo dura e poco digeribile?
Scopriamolo di seguito.
Indice
Quali sono i tagli migliori del cinghiale da utilizzare in cucina
Il cinghiale non è che l’antenato selvatico del maiale. Diffuso in tutta l’area del Mediterraneo il suo peso varia tra i 100 e i 200 Kg, ma in alcuni esemplari può raggiungere anche i 350 Kg.
In epoca romana non c’era praticamente differenza tra il cinghiale e il maiale. Gli animali venivano allevati allo stato brado nei boschi per poi essere catturati e macellati in base alle necessità.
Oggi vivono nel nostro Paese il cinghiale comune, il cinghiale maremmano (Sus scrofa majori), diffuso per lo più nell’Italia centrale, e il cinghiale sardocorso (Sus scrofa meridionalis).
La carne di questo animale, ricca di polpa e gustosa, mantiene i caratteristici aromi e le proprietà organolettiche e nutrizionali della selvaggina.
Infatti, è un’ottima fonte di proteine animali, poco calorica, ricca di ferro e piuttosto magra (100 g di carne di cinghiale contengono 3,3 g di lipidi diversamente dai 5 g presenti nella stessa porzione di tradizionali carni magre).
Inoltre, essendo per sua natura abbastanza fibrosa ben si presta alle cotture in padella, in umido o con il sugo.
Ha un’ottima resa anche allo spiedo e arrostita purché venga lardellata prima della cottura, così da evitare che si asciughi troppo.
La qualità e i tagli della carne utilizzati del cinghiale sono praticamente gli stessi del maiale.
Come avviene per il suino, infatti, la coscia è il taglio più utilizzato in cucina, sebbene numerose ricette vengano realizzate con molte altre parti di questo animale.
Basti pensare ai brasati e agli spezzatini, dove i tagli utilizzati sono soprattutto la pancia, le costine o lo stinco, oppure al ragù e alle cotture in forno che interessano invece la coscia, la spalla ed il carré.
Per alcune preparazioni regionali viene considerata una specialità anche la carne della testa. Insomma, se del maiale si dice che non si butta via niente il cinghiale non è certo da meno.
Dal collo alle costolette, dalla spalla al cosciotto, passando per le frattaglie, il fegato, il cuore e i rognoni, utilizzando le dovute accortezze, ogni parte può potenzialmente donare carattere al piatto.
In base all’età dell’animale è possibile distinguere quattro diversi tipi di carne di cinghiale:
- Cinghialetto: chiamato dai francesi “marcassin”, indica un animale di età compresa dai 3 ai 6 mesi. Vengono utilizzati per lo più il carrè, le costolette ed i cosciotti per realizzare piatti di carne arrosto o alla griglia.
- Cinghiale giovane: sono gli esemplari di età compresa tra i 6 mesi ad 1 anno. La carne è tenera ed il sapore poco marcato. Del cinghiale giovane il carrè e le costolette sono particolarmente indicate per preparazioni al forno o alla brace, mentre le altre parti vengono solitamente cucinate in umido.
- Cinghiale maturo: caratterizzati da una carne di elevata qualità, gli animali di 1 e 2 anni, hanno al palato un sapore sicuramente più deciso. Oltre i 2 anni il cinghiale è considerato adulto, il pelo diventa nero e la carne risulta essere sempre più dura e dal sapore spiccato di selvaggina.
Quando si acquista la carne di un maschio adulto, bisognerebbe fare attenzione al fatto che l’animale non sia stato abbattuto tra novembre e gennaio, ossia durante la stagione degli amori.
Il rischio sarebbe, infatti, quello di ritrovarsi con una carne difficile da cucinare perchè dall’odore e dal sapore estremamente penetranti.
Come cuocere la carne di cinghiale: il segreto è la marinatura
Per gustare al meglio la carne di cinghiale è fondamentale marinarla in modo corretto.
Lo scopo della marinata è quello di insaporire la carne e renderla più morbida, ma nel caso del cinghiale serve anche per alleggerire il sapore di selvatico proprio della cacciagione.
In base all’età dell’animale la carne dovrà essere marinata in modo diverso:
- Dai 3 ai 6 mesi: la carne è tenera e delicata, quindi non necessita di nessuna preparazione prima della cottura
- Dai 6 mesi ai 2 anni: occorre effettuare una leggera marinatura fredda prima di procedere con la cottura della carne
- Dai 2 anni in su: lavorando in questo caso con carni dure, ma molto saporite, si rende necessaria una marinatura più lunga prima di procedere con la cottura vera e propria
Solitamente per marinare la carne di cinghiale è sufficiente una notte. Il taglio scelto viene messo in un recipiente con all’interno vino rosso, aromi come cipolla, sedano, carota e spezie come: chiodi di garofano, bacche di ginepro e pepe.
Tuttavia, esistono diversi tipi di marinatura, vediamone alcuni:
Marinata al vino rosso
Come abbiamo appena visto per la buona riuscita di qualsiasi piatto a base di cinghiale è necessario mitigarne il sapore selvatico. A questo scopo la marinatura più semplice e classica è quella al vino rosso.
Gli enzimi presenti nel vino contribuiscono a ridurre le fibre presenti nei tessuti muscolari, rendendo la carne molto più morbida e digeribile.
Per la scelta del vino molto dipende dalla regione in cui ci si trova: Montepulciano, Rosso Piceno o Cannonau di Sardegna non importa, l’importante è scegliere un vitigno che esalti il gusto della carne senza contrastarlo.
Per realizzare questo tipo di marinatura basterà tagliare a tocchetti il cinghiale e disporlo in un contenitore, meglio se di vetro con tappo ermetico.
Aggiungere poi una bottiglia di vino rosso per ogni chilo di carne, cipolle tagliate grossolanamente, sedano, carota e qualche spezia.
Dopo 12 ore di riposo in frigorifero è possibile togliere la carne dalla marinatura e procedere con la cottura.
Marinata all’aceto
Un altro tipo di marinata particolarmente adatta alla carne di cinghiale è quella a base di aceto in agrodolce.
In questo caso basta prendete un contenitore di vetro, aggiungere il cinghiale tagliato a cubetti e versare un bicchiere di aceto ogni chilo di carne.
Aromatizzare poi il tutto con erbe aromatiche fresche come timo e rosmarino, qualche grano di pepe e infine un cucchiaino di zucchero.
Anche in questo caso 12 ore sono sufficienti per conferire alla carne un sapore decisamente più interessante e gustoso.
Come si cuoce il cinghiale? Da Nord a Sud ognuno ha la sua ricetta
Una volta marinata, la carne di cinghiale si presta alla realizzazione di diversi piatti ricchi di storia e di sapore.
Non solo ragù e spezzatini, ma anche condimenti bianchi, ossia senza pomodoro, utilizzati per realizzare primi piatti degni di nota, come avviene ad esempio in alcune zone dell’Umbria.
I tempi di cottura della carne di cinghiale sono abbastanza lunghi, ma la tenerezza e il gusto che ne derivano sono impagabili.
Il sapore di questo tipo di carne, simile a quello del maiale, ma esaltato da quello più spiccato tipico della cacciagione, viene lodato anche se preparato in umido.
In questo caso la polpa viene fatta a cubetti, marinata e poi sottoposta ad una lunga cottura per ammorbidire ulteriormente i tessuti.
Quando la carne appartiene ad un animale giovane, ed è quindi abbastanza tenera, è perfetta per realizzare una deliziosa porchetta di cinghiale o delle ottime braciole grigliate o al forno.
Volendo ripercorrere le vie del gusto delle diverse regioni italiane non si può che iniziare dalla Toscana.
Il cinghiale è da sempre presente nella gastronomia di questa zona: basti pensare alle rinomate pappardelle al sugo di cinghiale, in cui si utilizza la polpa dell’animale tagliata a bocconcini oppure triturata per la variante al ragù.
In Umbria, come anche in Toscana, vengono realizzati anche degli ottimi salumi a base di cinghiale: salsicce, salami e prosciutto sono rinomate specialità della zona di Norcia.
In Emilia lo si può gustare, invece, abbinato alla patata di Tolè, tipica dell’Appennino bolognese.
In Romagna, in particolare a Zattaglia dove da 31 anni viene organizzata una festa dedicata proprio a questo animale, si preparano gli orecchioni al cinghiale.
Un primo piatto realizzato con sfoglia lavorata a mano, farcita con un ripieno di Parmigiano Reggiano e ricotta, condita poi con un ragù a base di cinghiale.
Nel Nord Italia lo spezzatino, soprattutto in bianco, viene servito accompagnato da una buona dose di polenta.
In Piemonte, infatti, il cinghiale al civet non è altro che uno spezzatino cotto con il brandy e il brodo di carne, senza sugo.
Spostandoci a sud troviamo la Calabria dove la carne di questo prelibato animale non poteva che essere esaltata dal gusto dolce delle cipolle di Tropea e dal brio del peperoncino calabrese.
Infine, in Sardegna gli chef realizzano degli ottimi piatti di cinghiale al Cannonau, dove il vino è protagonista, a scapito del pomodoro, e tra le spezie e le erbe aromatiche spicca l’uso del mirto.
Pratico e veloce: l’hamburger di cinghiale Baldi
Non è detto che si debba sempre ricorrere a lunghe cotture e preparazioni complesse per poter gustare dell’ottima selvaggina.
Come cuocere la carne di cinghiale allora?
Per rispondere alle esigenze di chi ha poco tempo, ma non vuole per questo rinunciare al gusto, Baldi ha realizzato degli ottimi hamburger di cinghiale veloci da cuocere, dal diametro uniforme e dal foodcost certo.
Pronti in pochi minuti, senza la necessità di essere scongelati, possono essere cotti con estrema semplicità al forno, alla griglia o in padella.
È possibile gustarli da soli per esaltare al massimo il sapore della carne di cinghiale o accompagnarli con dell’insalata, fettine di bacon e una deliziosa dadolata di pere scottate, ottenendo così un piatto ancora più importante e appetitoso.
Con una preparazione del genere sarebbe un peccato sbagliare l’abbinamento del vino.
Qualsiasi sia il gusto personale, con i grandi rossi italiani è impossibile commettere un errore.
Questo vino, dal profumo intenso e persistente con sentori di frutti di bosco, si sposa alla perfezione con la cacciagione, riuscendo ad esaltarne il gusto senza mai sovrastarlo.